“L’ottimismo è il sale della vita”. Forse ma non in Italia

Ci sono dei momenti della mia vita che penso che se fossi un po’ più ottimista, le cose potrebbero andare meglio, quel che si chiama ‘pensiero positivo’, argomento su cui si sono scritti centinaia di libri e sopratutto in America, di manuali. Manuali che ti insegnano ad utilizzare l’ottimismo come motore, come strategia di successo personale, l’ottimismo dei motivatori come Tony  Robbins. Anni fa lessi parecchi libri relativi a questo argomento, alcuni nemmeno banali, alcuni corredati di tecniche e strategie come ad esempio la P.N.L.  programmazione neurolinguistica che fa della precisione linguistica nella scelta degli obbiettivi la strategia ultima per realizzarli e che appunto con l’aggiunta di una visione ottimistica della realtà dovrebbe diventare uno strumento di auto-realizzazione. Non è un caso che però che il positive thinking, sia nato e si sia prevalentemente sviluppato in America, un paese dove la affermazione di se stessi nella società è veramente più legata all’impegno, alla motivazione personale, alla costanza, molto più che a fattori esterni, Lebnizcome invece succede in Italia. Sembra che nel nostro paese tutti siamo più in balia  delle ‘onde del destino’  e che noi in prima persona poco possiamo fare per dirigere la nostra vita. Troppo forte è la sensazione che in Italia tutto dipenda dalla politica, dalla chiesa, dai baronati, dai ricchi imprenditori, ecc. e poco o quasi nulla dipenda osa noi.  E’ risaputo che nel nostro paese, è ricco chi nasce tale. Il pessimismo non nasce dalla percezione della crisi ma dal senso di impotenza che deriva dalla consapevolezza che noi comuni mortali, poco o niente possiamo fare per superala.

In questo paese di merda le banche non prestano soldi a chi ha ottime idee imprenditoriali, non aiutano con investimenti ad uscire dalla crisi, la codardia e l’inadeguatezza dei politici frena la modernizzazione del paese. Per queste ed altre ragioni noi dobbiamo solo sperare che il ‘padrone’ per cui lavoriamo non decida di delocalizzare in Romania solo per incrementare la sua ricchezza personale, dobbiamo sperare che politici incapaci finalmente promulghino una legge che ci aiuti a trovare un impiego, dobbiamo sperare che i sindacati la spuntino per noi, in ultima analisi dobbiamo sperare in una botta di culo, che s però si sa matematicamente, molto ma molto improbabile.
Quindi mi viene da domandarmi, come si può essere ottimisti in un paese così ingessato, cosi non scalabile.
Ad un workshop al quale ho partecipato qualche settimana fa il relatore ha pronunciato ancora la frase: ‘tutto dipende da noi, solo noi in prima persona possiamo cambiare la nostra vita’ In passato ci credevo anch’io ma ora non più, non almeno nel mio paese dove Gattopardamente tutto cambia per non cambiare nulla. Il pessimismo nasce dal fatto che il timone che manovriamo non determina più la direzione della nostra vita, oramai solo il vento e le onde decidono per il futuro.

Ci sono due tipi di ottimista

1)Quello che dopo un’analisi della situazione ed una valutazione delle condizioni esterne, ha capito che è in grado di influire sugli eventi e d condizionarli seppur solo in parte a suo favore, altresì comprende che mantenere una visione ottimistica le darebbe più energia per raggiungere il suo scopo,l quindi a conti fatti decide si essere ottimista, perché può permetterselo ed anche gli torna utile quel tipo d impostazione mentale.

2)quello che è immerso nella merda fino alle orecchie, ma non se ne rende conto, la suo mente gli rimanda profumo di violette anziché di merda, in poche parole il classico ottimista che sarebbe un pessimista se solo l’ignoranza non le impedisse la reale percezione delle cose.

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